Senato della Repubblica XVII LEGISLATURA
Seduta 640, 9 giugno 2016
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Scilipoti Isgrò. Ne ha facoltà.
SCILIPOTI ISGRÒ (FI-PdL XVII). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge che giunge oggi in Assemblea si colloca all'interno di un complesso percorso di riforma del settore creditizio italiano, che si inserisce nel più ampio processo in atto a livello europeo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Scilipoti Isgrò. Ne ha facoltà.
SCILIPOTI ISGRÒ (FI-PdL XVII). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge che giunge oggi in Assemblea si colloca all'interno di un complesso percorso di riforma del settore creditizio italiano, che si inserisce nel più ampio processo in atto a livello europeo.
Permettetemi di farvi dono di un episodio presentatosi alla mia persona pochi giorni fa e, per essere più chiari, vi voglio parlare di una frase che da alcuni giorni è oggetto dei miei pensieri: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (Matteo, 19,24).
LEZZI (M5S). Amen.
SCILIPOTI ISGRÒ (FI-PdL XVII). È una parola essenziale per comprendere il rapporto di Gesù con la ricchezza. L'immagine è forte, paradossale, com'è nello stile semitico. Tra la ricchezza e il Regno di Dio c'è incompatibilità ed è inutile voler annacquare un insegnamento che più volte ritroviamo nella predicazione di Gesù, quando dirà, ad esempio, che non si può servire Dio e Mammona (cioè la ricchezza). O quando sembra chiedere al giovane ricco rinunce impossibili all'uomo, ma non a Dio.
PRESIDENTE.
La prego di attenersi all'argomento oggetto della discussione.
SCILIPOTI ISGRÒ (FI-PdL XVII). Mi dispiace contraddirla, Presidente, ma è argomento proprio della discussione.
Che cosa condanna allora Gesù? Non certamente i beni di questa terra in sé, ma chi è attaccato ad essi. E perché? È chiaro: perché tutto appartiene a Dio e il ricco invece si comporta come se le ricchezze fossero sue. Il fatto è che le ricchezze prendono facilmente nel cuore umano il posto di Dio e accecano e facilitano ogni vizio. Paolo, l'apostolo, scriveva: «Coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. L'attaccamento al denaro, infatti, è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato
desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori».
Quale allora l'atteggiamento di chi possiede? Occorre che egli abbia
il cuore libero, totalmente aperto a Dio, che si senta amministratore dei suoi
beni e sappia, come ha detto Giovanni Paolo II, che sopra di e
ssi grava un'ipoteca sociale. I beni di questa terra, non essendo un male per se stessi, non è il caso di disprezzarli, ma bisogna usarli bene. Non la mano, ma il cuore deve stare lontano da essi. Si tratta di saperli utilizzare per il bene degli altri.
Chi è ricco lo è per gli altri.
«Io ho scelto Dio solo, nessunissima altra cosa» e sono certo che quando apparirò davanti al Dio dei nostri padri, il suo figlio e nostro fratello Gesù non mi dirà: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli». E per voi, miei amati fratelli, banchieri, bancari, parlamentari, religiosi, economisti, imprenditori e commercianti, spero che le vostre sorde orecchie non sentano l'assordante grido nel deserto del coerede di Dio e nostro signore Gesù Cristo dirvi: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli»!
Ma adesso ritorniamo al disegno di legge, oggetto del mio intervento. Vi stavo parlando del provvedimento recante «Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione». Il testo si prefigge l'obiettivo di accelerare il recupero del credito a tutela di chi concede finanziamenti.
Come sapete, ho già affrontato il problema più e più volte in passato, schierandomi dalla parte di tutti quei cittadini e consumatori vessati da tassi
di interesse fuori controllo e da indebiti bancari di varia natura. A maggior ragione oggi, mi sento di fare una riflessione profonda perché pare che la situazione non sia destinata a migliorare.
Nella Bibbia si legge: «Il ricco domina sul povero e chi riceve prestiti è schiavo del suo creditore». Personalmente ritengo che questa citazione descriva perfettamente una realtà che è rimasta tristemente immutata nei secoli anzi, che forse è stata ulteriormente aggravata da una bramosia di ricchezza che ha portato a creare delle vere e proprie mostruosità in tema di economia mondiale.
Sto parlando di signoraggio, ossia il reddito derivante dall'emissione di moneta, quel flusso di moneta derivante dalla differenza tra il valore reale e quello commerciale delle banconote stampate. Tale plusvalenza viene sottratta al popolo italiano in virtù della perdita della sovranità monetaria, attuata da una lobby di affaristi ai danni delle singole nazioni. Una pratica che è stata resa possibile nel nostro Paese anche grazie alla cessione incontrollata di quote della Banca d'Italia a soggetti privati, perpetrata a tradimento nel corso degli ultimi ventiquattro anni.
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore Scilipoti Isgrò.
SCILIPOTI ISGRÒ (FI-PdL XVII). Signora Presidente, poiché non posso concludere, chiedo cortesemente di poter consegnare il testo scritto del mio intervento, affinché sia allegato al Resoconto della seduta odierna.
INTEGRAZIONE:
Eppure nostro Signore Gesù Cristo è stato molto chiaro riguardo la
compulsione irrefrenabile all'accumulo di ricchezze: nel Vangelo secondo
Matteo, al capitolo 6, versetto 19, si legge: «Non accumulatevi tesori sulla
terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore».
Vi dico ciò perché siamo chiamati ad amministrare il Paese non solo
con la diligenza del buon padre di famiglia, ma con vero e proprio spirito
fraterno e cristiano, in quanto tutti gli uomini sono stati creati uguali dall'unico vero Padre che è il nostro Dio.
Di conseguenza, bisogna di fatto restituire la sovranità, attraverso la
restituzione della Banca d'Italia stessa, al popolo italiano, ed a tal proposito
fu il Governo Berlusconi ad emanare una legge, la n. 262 del 28 Dicembre
2005, dal titolo «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei
mercati finanziari», in cui si riformava l'assetto proprietario della Banca d'Italia, prevedendo la restituzione entro tre anni delle quote di partecipazione al capitale in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.
Tale provvedimento, purtroppo, non è mai entrato in vigore; al contrario, alla decadenza del Governo Berlusconi sono stati abbattuti quei paletti che
mantenevano il controllo nelle mani di organi pubblici, trasformandola di
fatto in una società con azionisti tutti privati, finanche stranieri.
Ma procediamo con ordine.
Partiamo col dire che il nostro sistema economico è ormai soggetto a
problemi storici che riguardano appunto l'entità dei crediti deteriorati detenuti dalle banche, e l'elevato tempo richiesto nell'escussione delle garanzie e di conseguenza nella difficoltà di reimmettere risorse, sempre più necessarie, nel circuito economico del Paese.
Difatti, come è noto a tutti, i tempi di recupero dei prestiti sono eccessivamente lunghi in Italia, e rappresentano quindi un serio svantaggio competitivo, sia per le banche che per le imprese del nostro Paese. Esiste, in altri termini, un «buco» italiano nel rimettere in circolazione un bene precedentemente posto a garanzia di un debito non ripagato.
Possiamo fare un confronto con gli altri Paesi europei per aver ben
chiara la situazione. Vediamo appunto come in Germania, Austria e Polonia
i tempi di escussione delle garanzie sono di 12-24 mesi, mentre in Italia sono previsti in media 7 anni, cioè più del triplo del tempo rispetto agli altri Paesi del Continente.
La Banca Mondiale colloca l'Italia al centoundicesimo posto nel
mondo, nella sua classifica che tiene conto del rapporto tra i tempi e i costi necessari per recuperare un credito, mentre i nostri principali
competitor sono ben lontani da noi: la Germania al dodicesimo posto nel mondo e la Francia al quattordicesimo.
Il problema delle sofferenze bancarie è dovuto in gran parte a questa lentezza cronica nei tempi di recupero.
Passando poi ai numeri, possiamo notare come i crediti deteriorati,
che si sono accumulati nei bilanci delle banche italiane in questi anni segnati dalla crisi economica, siamo alquanto elevati; in particolare, dalla fine del
2011, coinciso con la caduta del Governo Berlusconi, l'importo delle sofferenze è praticamente esploso: si è passati dai 107 miliardi di euro fino ad oltre 200 miliardi nel gennaio 2016. Le sofferenze sui prestiti a famiglie e imprese sono circa 193 miliardi di euro, di cui 140 riguardano i finanziamenti alle imprese, mentre nel 2011 erano pari a soli 70 miliardi, quindi sono più che raddoppiati.
L'importo totale dei crediti deteriorati, verso tutti i settori, di cui le sofferenze sono la parte più problematica, è di circa 340 miliardi di euro.
Le stime del Fondo Monetario Internazionale che riguardano l'Italia, parlano di un valore pari all'11,2 per cento di prestiti in sofferenza rispetto al totale dei crediti, mentre la media dell'area euro è di 4,3 per cento, quindi siamo ben al di sopra della media europea. Questo significa che per ogni 100 euro di finanziamenti erogati dagli istituti di credito a famiglie e società, sono da considerare inesigibili in media 11,2 euro: più del 10 per cento del finanziamento, cioè, è andato completamente perso. Questo ha frenato ulteriormente l'erogazione di nuovo credito, già di per sé limitato, da parte degli
istituti italiani, frenando così quello che invece dovrebbe essere il motore della ripresa della nostra economia.
I prestiti alle imprese italiane continuano a crollare sempre di più:
-0,4 per cento a febbraio, -0,5 per cento a marzo. Nel primo trimestre di quest'anno il credito si è ridotto ulteriormente arrivando a -0,5 per cento al mese (mentre nel 2015 era pari a -0,1 per cento). Lo stock di prestiti è diminuito di oltre 140 miliardi di euro.
Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione sempre più critica non
solo del sistema bancario, ma dell'intero sistema produttivo
nazionale che investe in particolar modo le piccole e medie imprese, le quali risentono pesantemente della restrizione del credito erogato dal sistema bancario. È bene sottolineare come la contrazione del credito e dell'attività produttiva abbia conseguenze gravi anche, e soprattutto, sul piano occupazionale: ricordiamoci che ancora oggi la disoccupazione segna livelli allarmanti, tra i più alti in Europa.
Alla luce di quanto detto, un provvedimento che ponga come obiettivo la riduzione dei tempi e la modifica delle modalità di incasso sembrerebbe l'unica via per rivalutare l'affidabilità del nostro Paese in termini di investimento, nazionale ed estero. Ma, come al solito, la questione viene sollevata esclusivamente a vantaggio di una parte coinvolta, favorendo gli interessi economici di pochi, e non viene seriamente affrontata affinché tutto il Paese possa godere appieno dei benefici conseguenti. Non si tratta, come si legge nella seconda lettera ai Corinzi di San Paolo, di mettere i cittadini nel bisogno per dare sollievo ai creditori, ma di seguire un principio di uguaglianza, cosicché «chi aveva raccolto molto non ne ebbe di troppo, e chi aveva raccolto poco non ne ebbe troppo poco».
Anche il Concilio Vaticano II è abbastanza chiaro al riguardo, nella costituzione pastorale «Gaudium et spes»: «Lo sviluppo economico non deve essere abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o gruppi che abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola comunità politica, né di alcune nazioni più potenti.
Conviene, al contrario, che il maggior numero possibile di uomini, a tutti i livelli e, quando si tratta dei rapporti internazionali, tutte le nazioni possano partecipare attivamente al suo orientamento».
Cercherò di essere più chiaro passando al merito del provvedimento.
Il testo introduce il pegno mobiliare possessorio. Si tratta di uno strumento
di garanzia dei crediti delle banche, prevedendo che il debitore possa costituire il pegno non possessorio sui beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, senza perderne il diritto all'utilizzo e permettere così il perseguimento della continuità aziendale. Si prevede quindi l'iscrizione del pegno su tutti i beni dell'azienda con la sola eccezione di quelli registrati, e potrà riguardare sia gli impianti che le merci. Si riscontrano in tal senso delle problematiche dovute al fatto che i privilegi sui beni mobili, che le norme civilistiche prevedono, sono completamente annullati in quanto i creditori privilegiati, tra cui ci sono i dipendenti, non avranno alcuno spazio su cui esercitare il loro privilegio. Allo stesso modo questo tipo di strumento del pegno mobiliare non possessorio appare per così dire "futuristico", in quanto non provvisto ancora del relativo registro; e come abbiamo ormai imparato, questo Governo preferisce fare tweet che fare bene e presto e, con il pressapochismo con il quale procede, chissà per quanto dovremo aspettare che vi siano gli strumenti per la sua applicazione. Di pari passo si prevedono possibili rischi e possibili conflitti tra i titolari del pegno acceso su beni non più esistenti da un lato e, dall'altro, portatori di privilegi che vorranno esercitare il proprio diritto. Questo strumento del pegno, quindi, si presenta poco adatto alla dinamicità dell'economia moderna.
di garanzia dei crediti delle banche, prevedendo che il debitore possa costituire il pegno non possessorio sui beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, senza perderne il diritto all'utilizzo e permettere così il perseguimento della continuità aziendale. Si prevede quindi l'iscrizione del pegno su tutti i beni dell'azienda con la sola eccezione di quelli registrati, e potrà riguardare sia gli impianti che le merci. Si riscontrano in tal senso delle problematiche dovute al fatto che i privilegi sui beni mobili, che le norme civilistiche prevedono, sono completamente annullati in quanto i creditori privilegiati, tra cui ci sono i dipendenti, non avranno alcuno spazio su cui esercitare il loro privilegio. Allo stesso modo questo tipo di strumento del pegno mobiliare non possessorio appare per così dire "futuristico", in quanto non provvisto ancora del relativo registro; e come abbiamo ormai imparato, questo Governo preferisce fare tweet che fare bene e presto e, con il pressapochismo con il quale procede, chissà per quanto dovremo aspettare che vi siano gli strumenti per la sua applicazione. Di pari passo si prevedono possibili rischi e possibili conflitti tra i titolari del pegno acceso su beni non più esistenti da un lato e, dall'altro, portatori di privilegi che vorranno esercitare il proprio diritto. Questo strumento del pegno, quindi, si presenta poco adatto alla dinamicità dell'economia moderna.
Il provvedimento prevede, inoltre, il cosiddetto patto marciano, cioè l'accordo tra il cliente (imprenditore) e il soggetto finanziatore (la banca o
altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti). Nello specifico, viene
previsto che il contratto di finanziamento venga garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore.
altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti). Nello specifico, viene
previsto che il contratto di finanziamento venga garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore.
Il trasferimento è sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore. Appare critico il fatto che il debitore debba fornire una garanzia su un immobile di pari valore. Nel caso in cui questo non avvenisse, la banca potrebbe richiedere condizioni economiche finanziarie peggiorative come ad esempio l'aumento del tasso di interesse o l'aumento del costo delle commissioni. Altra perplessità riguarda la definizione di "inadempimento" contenuta nella norma. Infatti per i pagamenti mensili, bastano tre rate non pagate, anche non consecutive, per far sorgere, nei sei mesi successivi, il diritto della banca ad escutere la garanzia. Sarebbe opportuno prevedere invece un allungamento delle tempistiche che configurano l'inadempimento, in altri termini, si dovrebbe prevedere che vi sia inadempimento se il mancato pagamento si protrae per oltre 12 mesi dalla scadenza di almeno sei rate, in caso di rate mensili, o di due rate se non mensili.
Un ulteriore aspetto che appare preoccupante della norma è la retroattività del patto marciano, che consente alla Banca di imporre agli imprenditori che hanno già stipulato contratti di finanziamento la modifica delle condizioni contrattuali inserendo nel contratto, con un'induzione forzosa, il patto marciano, senza che vi sia alcuna cautela e garanzia per il soggetto finanziato.
Per quanto riguarda le norme sui rimborsi per gli obbligazionisti subordinati delle banche in liquidazione, tra cui la Banca Etruria - banca in cui, per chi se lo fosse dimenticato, è indagato il padre del Ministro Boschi per truffa ai danni dei risparmiatori, e dove proponevano il disinvestimento dai titoli certi per comperare dei titoli spazzatura - la Banca Marche, Cariferrara e Carichieti, dove migliaia di risparmiatori italiani hanno visto completamente azzerati i loro risparmi, il testo prevede un rimborso forfettario fino all'80 per cento della cifra investita per chi ha un reddito lordo basso, quantificato in meno di 35.000 euro ai fini Irpef, o un patrimonio mobiliare inferiore ai 100.000 euro. Qui appare tutta l'illogicità di questa norma. In questo modo vengono inevitabilmente lasciati fuori tutti gli altri senza alcun motivo. C'è stata una mega truffa ai danni di migliaia di risparmiatori, e oltre ad avere subito un danno, una parte di essi si troverà ulteriormente beffata. Il rimborso deve essere previsto senza limiti restrittivi di reddito. Non si annuncia il dovere del rimborso per poi mettere uno sbarramento discriminatorio per chi non possiede i requisiti previsti. Questo è completamente illogico e discriminante.
Le banche hanno un compito molto importante, che è quello di reggere l'economia attraverso l'uso morale della circolazione del denaro: significa che, garantito il doveroso ricavo dalla compravendita del denaro, occorre contemporaneamente fare in modo che il credito, tutelato da normative
statali, cresca e si evolva a vantaggio di tutta la comunità. V
i è invece una vera e propria piaga del sistema bancario che sfrutta, come visto, le debolezze dell'economia per fare affari sulle spalle di chi, economicamente o socialmente, è debole e indifeso.
Come più volte ho affermato, la politica, in quanto tale, deve tenere la schiena dritta di fronte ad un sistema Paese che funziona male: deve abbassare il livello di tassazione, eccessivo ed iniquo, deve snellire la burocrazia dove si dimostra logorante ed inefficace, deve agevolare il credito a chi
ne ha bisogno.
ne ha bisogno.
I nemici mortali per la nostra economia sono le imposte troppo elevate, gli intoppi burocratici e l'impossibilità di avere credito da parte delle
banche. Questo testo di legge introduce una serie di nuove garanzie mobiliari e disposizioni volte sì a ridurre il tempo di incasso dei crediti per le banche, ma non aiuta di certo le imprese a superare le attuali fasi di difficoltà dovute alla pluriennale crisi economica che ancora stiamo vivendo e di cui ancora stiamo pagando il caro prezzo, con troppe imprese e famiglie italiane che faticano ad arrivare alla fine del mese.
Oltre a non offrire quindi misure a favore delle imprese, che rappresentano a tutti gli effetti il volano della ripresa reale del Paese, il disegno di legge qui presentato appare incostituzionale, contrario ai principi costituzionali della tutela del risparmio del cittadino. Ci troviamo di fronte, ahimè,
all'ennesimo provvedimento del Governo sul fronte bancario in poco più di
un anno. Questo Governo dimostra sempre più il suo volto, vi è un ossessivo iperattivismo sul tema bancario, contraddistinto da continui interventi mirati a modificarne il sistema a proprio uso e consumo, alla faccia degli ignari cittadini, e per salvare i loro amici e parenti banchieri.
E concludo, ricordando in quest'Aula che i risparmiatori ed i correntisti, ovvero il popolo italiano, devono essere il fine e non il mezzo della politica; parafrasando quanto si legge nella prima lettera di San Paolo a Timoteo, dobbiamo evitare «i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la pietà come fonte di guadagno».
Come ho detto in apertura, Matteo ci ammonisce che nessuno può servire due padroni, quindi una buona volta dobbiamo, in coscienza, decidere se continuare a servire Mammona, ovvero l'egoistica ricerca di un benessere materiale riservato a pochi, oppure Dio e tutti i suoi figli, e far ripartire una volta per tutte l'economia reale di questo Paese.
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