TRAPEZITICO

TRAPEZITICO

(L'orazione sul banchiere)

di Isocrate, c.a. 400 A.C.


Il processo è importante per me, signori giudici, perché non solo rischio di perdere molto denaro, ma anche di farmi la fama di desiderare ingiustamente i beni altrui. Ed è questo quel che per me soprattutto conta ; infatti mi resterà una sostanza sufficiente anche se perderò questa somma, ma se si pensasse di me che reclamo tanto denaro, senza averne diritto, ne sarei screditato per tutta la vita.

E' quanto mai increscioso, signori giudici, inciampare in avversari in questo genere. I contratti con i banchieri si fanno senza testimoni (1), e chi riceve un torto si trova nella necessità di affrontare persone che hanno molti amici, maneggiano molto denaro e, per la loro stessa professione, sono ritenute degne di fede. Ma, nonostante queste difficoltà, credo di poter rendere manifesto a tutti che sono stato defraudato del mio denaro da Pasione (2).

Vi esporrò dunque, come potrò, i fatti fin dall'inizio. Mio padre, signori giudici, è Sopèo (3), il quale, come sanno tutti coloro che si recano nel Ponto, gode il favore di Satiro (4), tanto che governa un vasto territorio e sovrintende a tutte le sue forze.

Sentendo parlare di questa città e dell'Ellade in generale, mi prese il desiderio di farvi un viaggio. Mio padre pertanto, stivate due navi di grano (5) e fornitomi di denaro, mi fece partire perché , insieme, comerciassi e vedessi il mondo. Pitodòro, il Fenicio (6), mi presentò Pasione e io diventai cliente della sua banca.

Qualche tempo dopo, venuta alle orecchie di Satiro la falsa voce che mio padre cospirava contro la sua autorità ed io avevo contatti con gli esuli, ecco che fa arrestare mio padre e ordina ai cittadini del Ponto residenti qui di sequestrarmi il denaro e d'impormi di tornare in patria ; e, se non obbedissi, di chiedervi la mia estradizione.

Trovandomi in tanti guai, signori giudici, racconto a Pasione le mie disgrazie ; perché i rapporti con lui erano così amichevoli che me ne fidavo moltissimo non solo per le questioni finanziarie ma anche per le altre. Pensavo che, se avessi consegnato tutto il denaro, correvo il rischio, nel caso che mio padre morisse, di restare in completa indigenza, dopo aver perduto le mie sostanze sia ua che là ; e che d'altronde se, pur ammettendo di avere del denaro, non lo avessi consegnato in obbedienza all'ordine di Satiro, avrei esposto me stesso e mio padre alle piu' gravi accuse presso Satiro.

Dunque, consigliandoci, ci parve che il miglior partito fosse di acconsentire a fare tutto ciò che Satiro ordinava, e di consegnare gli averi visibili (7), mentre, per quanto si riferiva al denaro depositato presso costui, non solo negarne l'esistenza. Ma anche apparire debitore sia verso lui sia verso altri (8) di somme prese a interesse, e di fare ogni cosa per cui quelli di là dovessero persuadersi senz'ombra di dubbio che non avevo denaro.

Allora, signori giudici, pensavo che Pasione mi desse tutti questi consigli per benevolenza ; ma dopo che ebbi risolto la cosa con gli inviati di Satiro, capii che egli mirava a impossessarsi dei miei averi. Quando, infatti, volli riprendere il mio e far vela per Bisanzio (9), egli pensò che gli si fosse presentata un'eccellente occasione : la somma depositata presso di lui era tanto forte da giustificare ogni spudoratezza, io avevo affermato alla presenza di molti testimoni di non possedere nulla e tutti avevano visto che si reclamava da me del denaro e che ammettevo di avere debiti anche con altri ; inoltre, signori giudici, egli pensava che, se avessi tentato di restare qui, sarei stato consegnato dalla città a Satiro ; se fossi andato altrove, non gli sarebbe importato nulla delle mie lagnanze ; e se fossi tornato nel Ponto, sarei stato messo a morte insieme con moi padre. Fondandosi su questi calcoli, progettò di spogliarmi del mio denaro. E davanti a me fingeva di trovarsi in difficoltà al momento e di non potermi rendere il denaro ; ma quando io, volendo chiarire la cosa, gli mando Filomèlo e Menesseno a richiedere il mio, nega davanti a loro di avere nulla che mi appartenesse. In mezzo a tanti guai che mi erano piombati addosso da ogni parte, quale pensate fosse il mio stato d'animo ? Poiché, se tacevo, mi toccava essere spogliato da costui del denaro, se parlavo, non solo non recuperarlo più, ma anche esporre me e mio padre alle più gravi accuse davanti a Satiro. Quindi giudicai il miglior partito tacere.

In seguito, signori giudici, vengono ad annunziarmi che mio padre è stato liberato e che Satiro è così pentito di tutto l'accaduto che gli ha dato le più ampie garanzie, ha reso il suo potere maggiore di quello di prima e ha scelto mia sorella come moglie per suo figlio. Pasione, appreso ciò e sapendo che ormai avrei agito apertamente per riavere il mio denaro, fa sparire Citto, il servo che era al corrente dei nostri affari finanziari.

Quando io mi presentai per chiedere la consegna dello schiavo, pensando che questi avrebbe costituito la prova più chiara di ciò che reclamavo, tiene il più assurdo di tutti i discorsi : che io e Menesseno avremmo corrotto e subornato lo schiavo impiegato nella banca e ricevuto da lui sei talenti d'argento ; e, a suo dire, perchè non vi fosse su ciò prova o interrogatorio con tortura (10), noi, dopo avere fatto sparire lo schiavo, gli muovevamo una controaccusa e pretendevamo la consegna dello schiavo che noi stessi avevamo fatto sparire. E così dicendo con gesti d'indignazione e lacrime mi trascinò davanti al polemarco (11) chiedendo mallevadori, e non mi lasciò andare finchè non gli ebbi fornito mallevadori per sei talenti. Chiama, per favore, i testimoni di ciò (12).


Testimoni

Avete udito i testimoni, signori giudici. Io dunque avendo già perso una parte del mio denaro e subendo per un'altra le accuse più infamanti, partii per il Peleponneso a cercare lo schiavo, ma Menesseno lo trova qui e, impadronitosene, esigeva che fosse interrogato mediante tortura sia sul deposito sia sulle accuse che costui ci aveva mosse. Pasione giunse a tal punto di audacia che glielo sottrasse affermando che era libero ; e, senza provare vergogna o timore, dichiarò libero e impedì l'interrogatorio di quell'uomo che, a suo dire, era stato ridotto in schiavitù da noi e ci aveva dato tanto denaro. Ma la cosa più grave è che, chiedendo Menesseno mallevadori per lo schiavo davanti al polemarco, Pasione diede malleveria per sette talenti (13). Salite (14), per favore, a testimoniare su questi fatti.


Testimoni


Dopo aver agito in questo modo, signori giudici, pensando di aver commesso degli evidenti errori nella condotta passata ma credendo di poterli correggere con la futura, venne da noi dichiarandosi pronto a consegnare lo schiavo perchè fosse interrogato con la tortura. Scelti gli inquisitori (15), c'incontrammo nel santuario di Efesto (16). E mentre io domandavo loro di fustigare e torturare con la ruota lo schiavo consegnato, finchè giudicassero che dicesse la verità, Pasione qui presente diceva di non averli scelti come carnefici e li invitava a interrogare lo schiavo solo verbalmente su ciò che volessero. Poichè eravamo in disaccordo, gli inquisitori si rifiutarono per conto loro di sottoporre lo schiavo alla tortura (17), ma decisero che Pasione me lo consegnasse. Costui però era così risoluto a evitare la tortura che rifiutò di obbedire loro per quanto riguardava la consegna, ma si dichiarò proto a versarmi il denaro, se pronunziassero sentenza a lui sfavorevole. Chiama, per favore, i testimoni di ciò.


Testimoni

Quando dunque in seguito a queste riunioni, signori giudici, tutti lo condannavano, dicendo che era dalla parte del torto e che agiva in modo scandaloso, perchè prima, fatto sparire il servo che io affermavo essere al corrente del deposito, accusava noi di averlo fatto sparire ; poi, dopo il suo arresto, aveva impedito che fosse interrogato con la tortura pretendendo che fosse libero, infine, consegnatolo come schiavo e scelti gli inquisitori, a parole li aveva invitati a interrogarlo con la tortura, ma in realtà vi si opponeva ; pensando perciò di non avere alcuna via di scampo se si fosse presentato davanti ai giudici, mi mandò a chiedere di abboccarmi con lui in un tempio. Quando fummo giunti sull'Acropoli, si coprì il capo e piangendo diceva che era stato costretto da imbarazzi finanziari a negare il debito, ma che entro breve termine avrebbe cercato di restituirmi il denaro. Mi pregava di perdonargli e di tener nascosto l'incidente, perchè non venisse fuori che egli, in qualità di ricevitore di depositi, aveva commesso una colpa così grave. Credendo che si fosse pentito delle sue azioni, accondiscesi e lo invitai a trovare qualsiasi modo perchè lui potesse sistemare i suoi affari e io recuperare il mio denaro. Due giorni dopo c'incontrammo e c'impegnammo a vicenda di tacere l'accaduto, impegno che egli violò, come apprenderete dal seguito del moi racconto. Promise di venire insieme con me nel Ponto e là restituirmi il mio oro (19), perchè avesse modo di liberarsi dall'obbligazione il più lontano possibile da questa città, nessuno qui conoscesse la natura del nostro accomodamento, ed egli, al ritorno potesse darne la versione che voleva ; se non avesse agito così, affidava a Satiro un arbitrato a a condizioni convenute (20), che lo autorizzasse, cioè, a condannarlo a pagare una volta e mezzo la somma dovuta. Messi per iscritto questi patti, conducemmo sull'Acropoli Pirone di Fere (21), uomo che soleva recarsi per mare nel Ponto e gli diamo in custodia la convenzione, con l'incarico di bruciare il documento, se fossimo giunti a un accordo, se no, di consegnarlo a Satiro.

Dunque la nostra controversia, signori giudici, era stata regolata così. Ma Menesseno, adirato per l'accusa che Pasione aveva rivolto anche a lui, gl'intentò un processo e chiedeva la consegna di Citto, esigendo che si infliggesse a Pasione, se mentiva, la stessa pena che sarebbe toccata a lui se fosse risultato colpevole dello stesso reato (22). Allora costui, signori giudici, mi pregò di far desistere Menesseno, dicendo che non avrebbe avuto vantaggio se, partito per il Ponto, mi avesse restituito il mio denaro secondo i patti, ma poi dovesse ugualmente coprirsi di ridicolo qui : perchè il servo, se fosse stato sottoposto alla tortura, avrebbe confessato tutta la verità. Io però trovavo giusto che nei riguardi di Menesseno. Impicciato com'era, non trovando alcun'altra via di uscita, corrompe gli schiavi dello straniero e falsifica il documento che Satiro avrebbe dovuto ricevere se egli non mi avesse soddisfatto. E non appena ebbe compiuto ciò, ecco che diventò l'uomo più sfacciato del mondo e dichiarò che non sarebbe venuto con me ne Ponto e che non aveva alcuna convenzione con me, e domandava l'apertura del documento alla presenza di testimoni. A che tirarvela in lungo , signori giudici ? Nel documento si trovò che era prosciolto da ogni reclamo da parte mia.

Vi ho riferito tutto l'accaduto nel modo più esatto che potevo. Ma credo che Pasione, signori giudici, fonderà la sua difesa sul documento falsificato e si farà forte soprattutto del suo contenuto. Voi quindi prestatemi attenzione, perchè proprio con questo contenuto penso di potervi dimostrare la sua disonestà. Anzitutto desumetela da ciò. Quando affidammo allo straniero la convenzione secondo la quale, a quanto sostiene lui, era prosciolto dai reclami, e, a quanto sostengo io, dovevo riavere da lui il mio oro, ordinammo allo straniero di bruciare il documento, se fossimo giunti a un accordo, se no , di consegnarlo a Satiro. E che questo sia stato detto, è ammesso da tutt'e due. Ora, con che idea, signori giudici, avremmo ordinato di consegnare il documento a Satiro, in caso di mancato accordo, se Pasione fosse già stato prosciolto dai reclami e la partita fra noi fosse già stata chiusa ? E' manifesto, al contrario, che facemmo questa convenzione perchè restavano ancora dei punti che costui doveva regolare con me secondo le clausole del documento.

E inoltre io, signori giudici, sono in grado di dire i motivi per i quali costui acconsentì a rendermi l'oro. Quando moi padre ed io fummo liberati dalle calunnie presso Satiro ed egli non riuscì a fare sparire Citto, che era al corrente del deposito, pensò che, se avesse consegnato lo schiavo per l'interrogatorio mediante tortura, la sua disonestà sarebbe risultata manifesta, e se invece si fosse rifiutato, avrebbe perso la causa (25) ; perciò volle accordarsi con me. Ma invitate costui a dimostrarvi in vista di quale guadagno o per timore di quale pericolo lo avrei prosciolto dai reclami. Se non potrà darvene nessuna spiegazione, non avreste ragione di prestar fede a me piuttosto che a costui circa il documento ? E inoltre, signori giudici, anche questo è facile da capire per tutti, che mentre io che lo accusavo, se avessi temuto le prove, potevo lasciar cadere la cosa senza fare nessun accordo, costui invece a causa dell'interrogatorio mediante tortura e dei processi (26) intentatigli davanti a voi, non era in grado di liberarsi dai pericoli quando volesse, a meno di persuadere me, l'accusatore. Quindi non io per rinunziare alla mia richiesta, ma lui per impegnarsi a restituire il denaro aveva bisogno di stipulare una convenzione.

E un'altra enormità sarebbe questa, se, prima di redigere il documento, io avessi disperato dei casi miei non solo al punto da rinunziare ai reclami nei riguardi di Pasione, ma da stipulare per giunta una convenzione con lui in proposito ; e viceversa, dopo avere messo per iscritto una tale prova contro me stesso, proprio allora mi fossi deciso a ricorrere a voi. Ma chi mai si regolerebbe così assurdamente nei propri affari ? Ed eccovi la miglior prova che nella convenzione Pasione non era stato liberato dall'obbligo, bensì si era impegnato a restituirmi l'oro. Quando Menesseno gli intentò la causa, - in quel momento il documento non era stato ancora falsificato - , mi mandò Agirrio(27), amico di entrambi, a pregarmi o di far desistere Menesseno o di annullare la convenzione stipulata con lui. Ora, signori giudici, credete che avrebbe desiderato annullare una convenzione con la quale era in grado di provare la nostra menzogna ? Non era davvero questo che diceva, dopo che ne fu modificato il contenuto, ma si richiamava ad essa per tutto e domandava l'apertura del documento. A testimoniare che egli dapprima cercava di annullare la convenzione, produrrò Agirrio stesso. Per favore, sali quassù.


Testimonianza

Dunque che noi stipulammo la convenzione non come Pasione tenterà di dire, ma come io vi ho detto, credo che sia stato dimostrato a sufficienza. Non c'è da meravigliarsi, signori giudici, che abbia falsificato il documento, non solo perchè casi del genere si sono già verificati parecchie volte, ma perchè anche alcuni degli amici di Pasione hanno commesso azioni ben più gravi di queste.

Chi di voi non sa che Pitodoro, soprannominato « il bottegaio » (28), che tutto fa e dice a favore di Pasione, l'anno scorso aprì le urne e ne tolse i nomi dei giudici introdottovi dalla Bule (29) ? Se dunque uno per interessi da poco e a rischio della vita osò aprire le urne, che erano state contrassegnate dai pritani e suggellate dai coreghi, che erano custodite dai tesorieri e stavano sull'Acropoli (30), c'è da meravigliarsi che essi, in vista di un così grosso lucro, abbiano falsificato un miserabile pezzo di carta (31) depositato presso uno straniero o corrompendo i suoi schiavi o ricorrendo a qualche altro mezzo in loro potere ? Pertanto, su questo punto, non so che altro si deva dire.

Pasione già cercò di persuadere alcuni che io qui non disponevo affatto di denaro, affermando che avevo preso a prestito da Stratocle trecento stateri (32). Vale la pena di ascoltarmi anche su questo punto, perchè sappiate da quali argomenti sia stato incoraggiato a tentar di spogliarmi del mio denaro. Poichè Stratocle, signori giudici, stava per partire alla volta del Ponto, io volendo portar via da là più denaro che fosse possibile, pregai Stratocle di lasciarmi il suo oro e di farselo rimborsare da mio padre nel Ponto, ritenendo assai vantaggioso che il denaro non corresse rischi durante la navigazione, tanto più che in quel tempo il mare era dominato dai Lacedemini (33). Per lui, dunque, questa non è penso, una prova che io non avessi denaro qui : per me, invece, la condotta tenuta nei riguardi di Stratocle sarà una testimonianza validissima che avevo dell'oro depositato presso Pasione . Infatti, poichè Stratocle mi domandava chi gli avrebbe restituito il denaro se mio padre non avesse eseguito le mie istruzioni e se, al suo ritorno, non mi avesse più trovato qui, gli presentai Pasione, e questi s'impegnò di pagargli il capitale e gli interessi maturati. Ora, se non avesse avuto in deposito denaro mio, credete che con tanta facilità mi sarebbe stato garante per una somma così forte ? Per favore, salite a testimoniare.


Testimoni


Forse, signori giudici, egli vi presenterà testimoni er confermare che io negai davanti agli incaricati di Satiro di possedere altro all'infuori di ciò che consegnavo loro ; che egli stesso pretendeva il mio denaro, dato che ammettevo di dovergli trecento dracme ; che lasciavo Ippolaida, mio ospite e amico, prendere a prestito da lui (34). Ma io, signori giudici, caduto in guai quali vi ho riferiti, rimasto privo di tutto ciò che possedevo in patria, costretto a consegnare quanto avevo qui a quelli venuti dal Ponto e non restandomi nulla tranne che se fossi riuscito a conservare di nascosto l'oro depositato presso costui, ammetto di aver riconosciuto di dovergli trecento dracme e, quanto al resto, di aver agito e parlato in modo che quelli potessero persuadersi senza alcun dubbio che non avevo denaro. E che facessi ciò non per mancanza di mezzi ma per essere creduto da loro, lo capirete facilmente. Anzitutto vi presenterò come testimoni quelli che sono a conoscenza che molto denaro mi era stato portato dal Ponto, poi quelli che mi vedevano frequentare la banca di costui, infine quelli da cui a quell'epoca comprai oro per più di mille stateri. Inoltre quando ci fu imposta una contribuzione straordinaria e altri furono designati come collettori, io versai più di tutti gli stranieri ; e quando fui eletto collettore io, m'imposi la contribuzione più forte, e intercedetti presso i miei colleghi a favore di Pasione, dicendo loro che era denaro mio quello che usava. Per favore, salite a testimoniare.

Testimoni

Inoltre chiamerò Pasione stesso a testimoniare in questo senso con le sue azioni. Una nave da carico, sulla quale avevo prestato una forte somma, fu denunziata da un tale come appartenente a un Delio (36). Poichè io contestavo questa affermazione e chiedevo di farla partire, quelli che volevano calunniarmi seppero così bene influenzare la Bule che dapprima per poco non fui condannato a morte senza regolare processo (37), e solo alla fine si lasciarono persuadere ad accettare da me mallevadori. E Filippo, che pure era ospite di mio padre, invitato a prestarmi malleveria, prima acconsentì, ma poi, spaventato dalla gravità del rischio, se la svignò ; allora Pasione mi procurò Archestrato, il banchiere (38), come mallevadore per sette talenti. Ora, se già fosse stato creditore di una piccola somma e avesse saputo che io qui non possedevo nulla, certamente non mi sarebbe stato mallevadore per una somma così forte. Ma è evidente che reclamò le trecento dracme per farmi un piacere e mi fu mallevadore per i sette talenti perchè pensava di avere una sufficiente garanzia nell'oro depositato presso di lui. Dunque, che avessi qui molto denaro e che sia depositato presso la sua banca ve l'ho dimostrato con le azioni di Pasione e l'avete udito dagli altri che ne sono a conoscenza.

Mi pare, signori giudici, che voi deciderete nel modo migliore la nostra controversia, se vi richiamerete a mente quel momento e le difficoltà in cui ero, quando mandai Menesseno e Filomèlo a richiedere il deposito a Pasione dapprima osò negarlo. Troverete che moi padre era stato arrestato e spogliato di tutti i suoi beni e che io, date le circostanze, non potevo nè restar qui nè imbarcarmi per il Ponto. Ora, è più verosimile che io, trovandomi in tanti guai, reclamassi senza diritto o che Pasione sia stato indotto, dalla gravità delle miei sventure e dall'entità della somma, ad appropriarsi dei miei averi? Chi mai è andato tanto in là con le false accuse da insidiare i beni altrui, pur correndo egli stesso pericolo di vita (39)? Con quale speranza o con quale disegno lo avrei attaccato ingiustamente? Forse pensando che egli dovesse darmi subito il denaro per timore della mia potenza? Ma non questa era la condizione di ciascuno dei due (40). O forse, intentandogli un processo, credevo che voi me l'avreste data vinta su Pasione anche contro giustizia? Ma se io non mi apprestavo nemmeno a restare qui, per timore che Satiro vi chiedesse la mia estradizione? O forse volevo, senza alcun costrutto, farmi nemico costui, col quale avevo rapporti di amicizia più che con chiunque altro in città? Chi di voi oserebbe tacciarmi di tanta follia e stupidità?

Vale la pena di considerare, signori giudici, l'assurdità e l'incredibilità di ciò che Pasione ogni volta cercava di dire. Quando ero in tali condizioni che neppure se avesse ammesso di avermi defraudato del denaro , sarei stato in grado di farmi rendere giusizia(41), proprio allora mi accusa di aver tentato di reclamare ingiustamente; quando invece mi fui liberato dalle calunnie presso Satiro e tutti pensavano che costui avrebbe perduto la causa, proprio in quel momento, a suo dire, io lo prosciolsi da ogni reclamo. Ma come potrebbe esserci una condotta più illogica di questa?

Forse si dirà che soltanto su ciò e non sul resto le sue parole e le sue azioni appaiono contraddittorie. Ma se egli affermò che eravamo stati noi a ridurre in schiavitù il servo, che egli stesso aveva fatto sparire, mentre nella dichiarazione dei suoi averi (42) lo registrò come schiavo insieme col resto della servitù, salvo poi sottrarlo a Menesseno, quando ne esigeva l'interrogatorio mediante tortura, asserendo che era libero! Inoltre mentre egli mi defraudava del deposito, so accusarmi di avere sei talenti presi dalla sua banca. Ora, se uno tentava di mentire su fatti così evidenti, come prestargli fede in affari che concluse da solo a solo? Infine, signori giudici, pur avendo convenuto che si sarebbe imbarcato per recarsi da Satiro e avrebbe fatto qualunque cosa quegli avesse deciso, anche in questo m'ingannò, e , nonostante i miei ripetuti inviti, non volle partire lui stesso, e mandò invece Citto. Questi, al suo arrivo là, affermò di essere libero, nativo di Mileto, e che Pasione lo aveva mandato per fornire ragguagli sul denaro. Satiro, dopo averci ascoltato entrambi, non volle sentenziare su un trattato stipulato qui, tanto più che Pasione non era presente e non avrebbe dovuto ottemperare alla sua sentenza. Ma era così convinto che io avessi subìto un torto che, convocati i commercianti (43), li pregò di prestarmi aiuto e di non lasciarmi danneggiare. E scrisse una lettera alla vostra città e la diede da recapitare a Senotimo figlio di Carcino (44). Per favore, leggila ai giudici.

Lettera

Pur avendo, signori giudici, tante giuste ragioni a mio favore, questa è, ami avviso, la prova più importante che Pasione mi defrauda del mio denaro: egli non volle consegnare, perché fosse interrogato con la tortura, lo schiavo che era al corrente del deposito. Ora, quale prova potrebbe essere più valida di questa nei contratti bancari, dato che per essi non prendiamo testimoni (45) Vedo che anche voi nei processi privati e in quelli pubblici nulla ritenete più degno di fede e veridico dell'interrogatorio con tortura, e pensate che, mentre si è in grado di procurarsi testimoni anche fra quelli che non erano presenti, gli interrogatori con la tortura rivelano chiaramente quale delle due parti dice la verità (46). Costui, sapendo ciò, ha voluto che voi in questa faccenda giudichiate per congettura piuttosto che per esatta conoscenza. Perché certo non potrebbe dire che sarebbe stato svantaggiato in caso d'interrogatorio con la tortura e che perciò non era ragionevole consegnare lo schiavo. Tutti infatti sapete che, se lo schiavo avesse confessato, per il resto della sua vita avrebbe dovuto soffrire per mano di costui i più crudeli tormenti del mondo; se invece avesse resistito, sarebbe stato libero e avrebbe avuto la sua parte di ciò che costui mi aveva rubato. Ma nonostante un così grande vantaggio, costui, cosciente delle azioni commesse, si rassegnò a farsi citare in giudizio e a subire le altre accuse purché non ci fosse alcun interrogatorio on la tortura su questa faccenda.

Io vi chiedo dunque di ricordarvi ciò per votare contro Pasione, e di non giudicarmi capace di tanta disonestà, pensando che io, pur abitando ne Ponto e possedendo una sostanza bastante per fa del bene anche ad altri, sia venuto a calunniare Pasion e a reclamare da lui depositi inesistenti.

Ma è giusto anche tenere a mente Satiro e mio padre, che da sempre vi stimano più di tutti gli altri Elleni, e già spesso, in tempo di carestia di grano, mentre rimandavano vuote le navi degli altri mercanti, concessero a voi il permesso di esportazione (47); e quando sono giudici nei contratti privati, voi ne uscite non solo trattati alla pari ma addirittura favoriti. Quindi avreste torto a far poco conto delle loro lettere. Dunque vi chiedo, a nome mio e loro, di dare una giusta sentenza e di non ritenere le parole di Pasion che sono false più degne di fede delle mie.


Note:


1) Diversamente dai contrasti e dalle transazioni commerciali gli affari di banca si facevano senza testimoni , sia perché erano fiduciari sia perché potevano essere provati dai registri di contabilità.

2) Famoso banchiere ateniese, di cui si fa spesso menzione nelle orazioni demosteniche. Nato circa il 430 a.C., schiavo dei banchieri Antistense e Archestrato, ne era stato affrancato ed era succeduto ad essi nella direzione della banca. In ricompensa dei servigi resi allo Stato fu insignito della cittadinanza ateniese. Morì nel 370-69 lasciando la banca e destinando la propria vedova in moglie all'affrancato Formione.

3) Si può pensare a un Greco che, andato a cercare fortuna nelle regioni settentrionali del Ponto, era diventato il favorito di una dinasta locale. Probabilmente il figlio era nato in quel lontano paese.

4) Figlio di Spartoco, regnò sul Bosporo (nell'attuale Crimea) dal 433-2 al 393-2 a.C.

5) Atene non produceva grano a sufficienza per i suoi abitanti e doveva importarlo dall'estero, in particolare dal Ponto che le forniva la metà del suo fabbisogno.

6) Presumibilmente un meteco.

7) L'espressione non ha valore tecnico, ma sta solo a distinguere gli averi che erano a conoscenza di tutti da quelli depositati presso Pasione senza testimoni.

8) Per es. verso Stratocle.

9) Dove non avrebbe dovuto temere né confisca di beni né estradizione. Infatti a Bisanzio, città autosufficiente per l'approvvigionamento cerealicolo, l'influenza di Satiro era molto minore che ad Atene.

10) Gli schiavi, non avendo personalità giuridica, non erano ammessi a testimoniare; le loro deposizioni avevano valore di prova solo se estorte con la tortura (ma in tal caso costituivano una delle prove più attendibili).

11) Uno dei nove arconti. In origine aveva poteri militari ma, dopo che, a partire dal 487 a. C., gli arconti furono estratti a sorte, gli rimasero solo competenze giudiziarie riguardanti i meteci e i forestieri.

12) L'invito è rivolto al GRAMMATEUS (greco) cancelliere del tribunale.

13)La rivendicazione in libertà consisteva nell'opposizione al recupero di uno schiavo da parte del suo preteso proprietario. In conseguenza di quest'atto formale compiuto da Pasione, Menesseno sarebbe dovuto comparire davanti agli Undici come ANDRAPODISTES (greco), o rapitore di una persona libera, ma poiché la decisione sullo stato legale di Citto era competenza del polemarco, Menesseno impose a Pasione di garantire, fornendo malleveria per sette talenti, che il suo dipendente si sarebbe presentato in giudizio.

14) Sulla tribuna degli oratori, che serviva anche per le deposizioni dei testimoni.

15) Gli inquisitori che in materia privata si sceglievano di comune accordo, erano incaricati di procedere alla tortura degli schiavi, ma pare esercitassero contemporaneamente funzioni arbitrali.

16) Si ritiene sia il tempio dorico che ancor oggi si eleva sull'altura di Colono , a nord-ovest dell'Acropoli, noto popolarmente come Theseion.

17) Per non rendersi personalmente responsabili degli eventuali danni causati allo schiavo dalla tortura.

18) In segno di vergogna e di dolore.

19) Il capitale depositato dal Bosporano presso Pasione era in stateri d'oro.

20) Con la forma normale dell'arbitrato le parti affidavano a un terzo la soluzione di una controversia, mentre con l'arbitrato a condizioni convenute. L'arbitro doveva soltanto sanzionare un accordo già concluso fra le parti. Nel nostro caso, compito di Satiro era quello di applicare a Pasione una penalità stabilita in anticipo, se questi fosse venuto meno agli impegni assunti.

21) Città della Tessaglia, nella regione detta Pelasgiotide.

22) L'accusa rivolta da Pasione al Bosporano e a Menesseno era quella di essere degli ANDRAPODISTAI (greco), di avere cioè rapito Citto. Dopo il ritrovamento di Citto, Pasione aveva respinto la richiesta di Menesseno di sottoporlo alla tortura, asserendolo in libertà. Ora, nel mentre veniva raggiunto l'accomodamento fra Pasione e il Bosporano, Menesseno intentò a Pasione una causa, perché Citto fosse riconosciuto schiavo e interrogato con la tortura circa i fatti di cui il banchiere lo aveva accusato; e, in caso di condanna di Pasione, valutò la pena da infliggere a costui in sei talenti, cioè la stessa somma per cui il Bosporano aveva fornito malleveria davanti al polemarco.

23) Pirone di Fere. Pasione ne corrompe gli schiavi, per poter sostituire il documento autentico con un altro di contenuto completamente diverso.

24) In mancanza di testimoni il documento diventava una prova di indubbio valore nelle mani di Pasione.

25) Il rifiuto di un accusato di far interrogare il suo schiavo con la tortura era interpretato come indizio di consapevolezza, e soleva essere sfruttato a fondo dall'avversario.

26) quelli menzionati a § 14 e a § 21.

27)Agirrio di Collito fu uno dei massimi esponenti politici e uno dei più esperti finanzieri ateniesi del tempo. Sostenitore della democrazia radicale, ristabilì il fondo del teorico e aumentò l'indennità di presenza alle sedute dell'assemblea popolare; alla morte di Trasibulo lo sostituì come stratego.

28) La bottega di Pitodoro era situata presso il Leocorion. E' certamente il nonno di Pitodoro, amico di Apollodoro, figlio di Pasione.

29) Sono le urne contenenti i nomi di coloro che dovevano fungere da giudici nei concorsi delle Dionisie. La scelta era fatta dai prìtani (giunta di governo della Bule) e dai coreghi ( ricchi cittadini che sostenevano le spese per l'addestramento di attori e coreuti) fra i candidati proposti dalle dieci tribù.

30) Le quattro precisazioni insistono sull'audacia di chi era riuscito nell'intento truffaldino nonostante tante cautele. I tesorieri erano i dieci magistrati, sorteggiati fra i pentacosiomedimni, ai quali era affidata la custodia dei tesori sacri e profani del tempio di Atena sull'Acropoli. E' dunque, probabile che le urne con i nomi dei giudici fossero depositate nell'opistodomo del Partenone, insieme col tesoro dello Stato.

31) Per un ragionamento simile cfr. Dem., LIV, 37.

32) Erano probabilmente stateri di Cizico, una moneta di elettro (lega di oro e argento) del valore di ventotto dracme ateniesi.

33) La preponderanza marittima dei Lacedemoni durò fino alla battaglia di Cnido (394 a. C.). Se si tiene conto che nel discorso si parla di Satiro come ancora vivo (morì nel 393-2) , è lecito collocare il processo intorno al 393.

34) Anziché favorirlo con un prestito rimborsabile a rate e senza interessi, come si soleva fare con gli amici.

35) L'EISFORA (greco) era una tassa sul patrimonio che si prelevava a titolo eccezionale, soprattutto in tempo di guerra, e a cui erano soggetti non solo i cittadini ma anche i meteci. L'ammontare dell'imposta, che era proporzionale alle sostanze, veniva determinato da una commissione di EPIGRAFEIS (greco), appositamente eletta. A quale titolo l'oratore fosse soggetto all'EISFORA (greco), benché straniero, è difficile dire. Egli non aveva certamente il diritto di cittadinanza (in tal caso Pasione non avrebbe potuto trascinarlo davanti al polemarco), ma se da un lato poteva stare personalmente in giudizio e dall'altro era soggetto all' EISFORA (greco) e fare addirittura parte della commissione degli EPIGRAFEIS (greco), doveva godere di un particolare status che gli conferiva alcuni dei diritti-doveri del cittadino. Si è pensato che fosse prosseno, cioè rappresentatne degli Ateniesi nella sua patria bosporana.

36) Come dice il termine tecnico EFENE (greco), si trattò di una FASIS (greco), azione pubblica straordinaria mediante la quale qualsiasi cittadino poteva denunziare al magistrato competente i delitti commessi contro gli interessi fiscali dello Stato. Nel nostro caso si sarà accusato il Bosporano di aver fatto un prestito a uno di Delo che, contro il divieto di legge, intendeva trasportare grano o altre determinate merci in parti non attici.

37) La Bule, che un tempo aveva la facoltà di condannare a morte, ne fu poi privata dal popolo. Ma sotto la spinta dell'indignazione pubblica qualche volta essa si arrogò arbitrariamente questo diritto e qualche altra tentò di farlo.

38) L'ex-padrone di Pasione.

39) Per lo stesso argomento cfr. C. Eut.14.

40) Vuol dire; Pasione era forte e io debole; e la prepotenze le fanno solo i forti.

41) Anche per questo argomento.

42) Era l'inventario dei beni (APOIGRAFE) che si doveva presentare per l'imposizione dell' EISFORA (greco).

43) Quelli che formavano la colonia ateniese di Panticapeo, capitale del regno di Bosporo.

44. Carcino di Senotimo del demo di Torico era stato stratego nel 432-1 a.C. e aveva compiuto una spedizione intorno al Peloponneso. A suo figlio Senotimo, poeta e ballerino, pare alluda Aristof., Vespe, 1501.

46) Queste considerazioni sulla tortura degli schiavi erano un luogo comune tipico degli oratori.

47) Satiro aveva concesso ai mercanti ateniesi la priorità nel carico delle navi. E la concessione fu confermata dal suo successore Leucone.


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